Il New York Times punta il dito contro Apple per le strategie fiscali adottate per pagare meno tasse

In una nuova inchiesta, il New York Times ha accusato Apple di aver adottato strategie fiscali che penalizzerebbero notevolmente i contribuenti Americani.

Dopo la vicenda legata alle condizioni dei lavoratori in Foxconn, il New York Times lancia un altro durissimo affondo ad Apple con un’inchiesta sulle strategie fiscali adottate per ridurre le tasse da pagare. Secondo quanto riportato dal giornale, l’articolo nasce da alcune testimonianze di determinate figure che hanno avuto il compito di individuare e determinare architetture aziendali per ridurre la spesa complessiva; il sistema si basa su una serie di uffici in nazioni in grado di offrire importanti agevolazioni sui profitti e trasferimenti di capitali. E’ importante sottolineare come effettivamente non vi sia nulla di illegale in tutto questo, molte altre aziende operano nella stessa maniera, tuttavia l’ente che principalmente non trae beneficio da tutto questo è naturalmente il Governo Americano, considerando che nel corso dell’anno potrebbe racimolare 45.6 miliardi di dollari.

Tra le azioni contestate dal NYT troviamo l’utilizzo di una sede a Reno in Nevada il cui posizionamento vuole essere un “trucco” completamente legale, infatti la corporate tax sarebbe dell’8%, ma in Nevada questa non deve essere pagata. Allo stesso modo si parla della Double Irish, il sistema utilizzato per sfruttare la ridotta tassazione d’Irlanda in quanto nel suddetto paese si pagano circa il 12.5% di tasse, a differenza dell’America ove è al 35%. Così facendo l’Irlanda diventa la base in cui Apple raccoglie circa il 30% di tutti i suoi profitti, successivamente attraverso una seconda sussidiaria in zona, invia il denaro verso le Isole Vergini Britanniche alla Baldwin Holdings Unlimited (di cui l’amministratore è proprio il CFO di Apple Peter Oppenheimer); una piccola parte viene invece dirottata verso l’Olanda, senza naturalmente alcun controllo in quanto sono spostamenti all’interno dell’UE, per poi finire direttamente ai Caraibi.

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