Due giurati spiegano le motivazioni della sentenza favorevole ad Apple

Due giurati che hanno emesso la sentenza favorevole ad Apple contro Samsung hanno oggi parlato ai microfono di CNET e Reuters.

In un’intervista a Reuters, il capo della giuria Velvin Hogan e il giurato Manual Ilagan hanno spiegato quello che succedeva dietro le quinte e come il gruppo di 9 giurati ha deliberato il verdetto finale.

Tale decisione è maturata in 21 ore, un tempo relativamente breve se si pensa alla mole di documenti e di brevetti incriminati, anche se i giurati hanno avuto comunque 3 settimane per poter studiare man mano le singole prove.

I due giurati hanno detto che la giuria si era convinta della colpevolezza di Samsung dolo solo un giorno di discussioni, confermando che il verdetto apparentemente preso in modo così veloce era frutto di valutazioni fatte nel corso delle settimane precedenti, quando comunque tutti avevano avuto modo di studiare le carte che ogni giorno venivano presentati dalle parti. In totale, i 9 giurati hanno dovuto decidere su oltre 700 brevetti.

Ilagan ha affermato: “Non siamo stati impazienti. Abbiamo voluto fare la cosa giusta e non saltare alcuna prova. Abbiamo dato ragione ad Apple per le prove che ha presentato, dalle quali emergeva chiaramente la violazione da parte di Samsung”.

Anche i documenti interni dei dirigenti Samsung, spiegano ancora i giurati, hanno confermato quello che già avevano pensato all’inizio, in quanto in quel caso si è manifestata in modo palese la volontà di copiare il design dell’iPhone. “Non volevamo dare carta bianca ad altre società di poter violare la proprietà intellettuale della concorrenza” ha detto Hogan.

Ilagan ha poi affermato che la giuria ha del tutto perso fiducia in Samsung quando gli avvocati dell’azienda sudcoreana hanno cercato di sfruttare due brevetti UMTS contro Apple, uno dei quali sarebbe stato usato per realizzare il chip di comunicazione negli iPhone e negli iPad. Apple confutò questa affermazione mostrando un accordo di licenza tra Samsung e Intel (produttrice di questi chip, e azienda con la quale Apple aveva stretto gli accordi commerciali), nel quale vi era scritto che Samsung non avrebbe mai potuto citare in giudizio alcuna società a cui Intel aveva venduto quel particolare chip. Insomma, la giuria capì con questa mossa che Samsung si stava arrampicando sugli specchi.

Una volta determinati i brevetti violati, per la giuria è stato semplice stabilire anche quali dispositivi erano stati prodotti da Samsung sfruttando proprio queste violazioni. Il verdetto finale, quello che ha dato ragione ad Apple, era composto da 20 pagine.

Dopo che i prodotti “contraffatti” sono stati conteggiati, i danni sono stati assegnati in base ad una cifra che la giuria ha ritenuto giusta dal punto di vista sostanziale. Apple diceva che Samsung aveva goduto di un profitto pari al 35,5% della vendita dei prodotti in questione, ma i giurati non erano tutti d’accordo con questa tesi ed hanno effettuato un calcolo in linea con le richieste della società sudcoreana, che invece parlava di un margine pari al 12%: “Abbiamo però voluto assicurarci che la condanna non fosse un semplice buffetto sulla guancia. Volevamo essere sicuri che la pena fosse sufficientemente elevata da essere dolorosa, ma non irragionevole”.

In conclusione, Ilagan ha affermato: “Sappiamo che questa cifra può causare un grosso problema a Samsung, soprattutto se poi verranno anche vietate le vendite dei dispositivi incriminati, ma sappiamo anche che Samsung sarà in grado di recuperare e di progredire. Ci sono tanti modi per progettare un telefono, non copiando la concorrenza”.

 

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