Dopo l’occupazione massiccia e immediata con software di tutti i gruppi editoriali del mondo, è il turno anche delle case discografiche che vogliono così ampliare il loro business con prodotti multimediali interattivi su iPad.
Le case discografiche vogliono in questo modo ampliare il concetto stesso di album, adattandolo ai nuovi tempi e quindi introducendo un modello nuovo con la speranza di invogliare i fans all’acquisto di singoli brani o dell’album intero.
La Universal Music Group ha collaborato con una società di video, la Eagle Rock Entertainment, per creare versioni iPad di film su album classici come i Nirvana con «Nevermind», con funzionalità di social network che consentono il commento dei fans.
Questo mese Bjork ha annunciato che il suo prossimo progetto, «Biophilia», comprenderà musica, applicazioni, Internet e spettacoli dal vivo.
La EMI ha rilasciato una versione iPhone di «Until One», il nuovo album del gruppo dance svedese House Mafia, e presto arriverà la versione iPad.
Alla musica quindi si aggiungeranno video, documentari, gallerie fotografiche, ricordi scritti dalla band, tutto disposto come un “coffee table book”. E con la possibilità di interagire con i fans, che potranno quindi scrivere direttamente alle loro band preferite.
«Questo è un test di una piattaforma tecnologica veramente nuova ed emozionante che spingerà i confini di ciò che si può fare su una tavola elettronica», ha detto Cosmo Lush, vice presidente di una Società per lo sviluppo del business digitale.
Questi progetti sono nuovi, non hanno ancora uno schema predefinito, e la sperimentazione è quindi aperta alle migliori interpretazioni.
Due anni fa Apple ha provato qualcosa di simile con iTunes LP, che aggiunge note alle copertine digitali, filmati e fotografie per pochi dollari in più rispetto l’album base. Però Apple non ha allargato e coinvolto con questa funzionalità direttamente le case discografiche che lo hanno quindi scartato come strumento utile.
Con l’introduzione dei tablet, e il loro conseguente fascino tecnologico, le case discografiche e gli artisti stessi sperano che questi nuovi applicativi si possano trasformare in una sorta di «status tech-symbol».
Fonte: Agenzia NY-TIME del 28/03/11