Era il 27 gennaio 2010 e tutte le attenzioni erano concentrate sullo Yerba Buena Center di San Francisco, dove Steve Jobs decise di presentare l‘iPad. La stampa lo definì magico e rivoluzionario, lo acclamarono come una grande novità, non senza scetticismo su quel gadget hi-tech che nessuno pensava potesse diventare, di lì a poco, un must have nel mondo della tecnologia, pronto a essere declinato in tantissime altre forme, grandezze e spessore.
Un personal device, scriveva Repubblica, con un display da 9,7 pollici spesso 1,2 centimetri. Un prodotto davvero grande per gli standard di oggi, anche perché pesava 680 grammi, più di mezzo chilo. Il prezzo di lancio oscillava tra i 499 dollari e gli 829, a seconda della memoria di archiviazione del prodotto: venne mostrato a gennaio ed entrò in commercio a marzo, alla fine del mese, in piena primavera. Steve Jobs, quando salì sul palco, sei anni fa, indossava il suo solito vestiario, dal girocollo scuro fino alle scarpe da ginnastica e annunciò che grazie al successo dell’iPhone Apple era diventata la più grande azienda nella produzione di cellulari al mondo, con annesso l’annuncio della chiusura del trimestre della sua azienda con un fatturato pari a 15,6 miliardi di dollari. Cifre lontanissime da quelle annunciate da Tim Cook per il 2016, che sono di 75,9 miliardi.
«È la cosa migliore che abbia mai fatto» dichiarò Steve Jobs dal palco: «I computer portatili non gli sono migliori in niente: ci si può vedere film e anche spettacoli televisivi» aggiunse, poi, leggendo il giornale e utilizzando la tastiera virtuale dinanzi alla platea che vedeva per la prima volta un iPad. 10 ore di durata se utilizzato in maniera continua e un mese se lasciato sempre in stand-by: erano queste le durate annunciate per il primo modello, che era «meglio di un portatile, molto meglio di un telefono. Potete navigare per il web e avrete la miglior esperienza che abbiate mai avuto».