Pocket RPG: un gioco di ruolo miniaturizzato! – la recensione di iPadItalia

Dopo una falsa partenza di qualche ora, in cui il gioco è stato resto disponibile solo per essere di nuovo ritirato, Pocket RPG sbarca finalmente su App Store, e a quanto pare è qui per rimanere. Con la sua miscela casual di elementi RPG e dual-stick shooter, splendidamente presentati come da tradizione Crescent Moon, Pocket RPG sembra tenere fede a tutte le aspettative e le promesse fatte… o no?


Pocket RPG, lo si capisce già dal titolo, è un gioco assolutamente casual: un RPG “in miniatura”, con tanta azione per far contenti tutti. Alcune delle dinamiche implementate, soprattutto per gli aspetti di avanzamento del personaggio, possono addirittura lasciare spiazzati i giocatori di ruolo più tradizionalisti: eppure tutto è stato studiato per garantire un’esperienza il più immediata e semplice possibile.

All’inizio di ogni partita il giocatore può scegliere tra tre diversi personaggi, ceh offrono tre esperienze di gioco abbastanza differenti. Il Dark Ranger, un elfetto dalla pelle bluastra e dagli occhi verde acido, renderà il gameplay molto vicino a quello di du dual-stick classico, grazie a un arma a lunga gittata. Ma non mancano le varianti: il Blade Master porterà ad affrontare i nemici in un corpo a corpo più serrato, e il Battle Mage offirà invece, stranamente, un’esperienza un po’ diversa. Il personaggio non è minimamente customizzabile, ed è davvero un peccato: con un character design così curato, la possibilità di aggiungere il proprio “tocco personale” all’eroe che si controlla sarebbe stata assolutamente intrigante.

Delle tre classi, quella che ho trovato meno convincente è senza dubbio il Blade Master: la sua arma bianca vanifica infatti la presenza del secondo stick direzionale, e riduce un po’ il gioco ad un pigiare i bottoni girandosi a sinistra o a destra. Il mago, invece, ha senza dubbio il sistema di controllo più intrigante: premendo il secondo stick virtuale “carica” dei colpi, che possono poi essere direzionati grazie ad un indicatore. Le tre diverse classi hanno però l’indiscutibile merito di creare una sensazione di gioco completamente diversa, a seconda del caso, aggiungendo notevole varietà e longevità al gioco.

La storia del gioco è assolutamente inesistente. Non viene fornito alcun tipo di background, e la progressione degli eventi è affidata alla voce dei pochi personaggi che si incontrano, tutti assolutamente identici tra di loro, e in grado di veicolare poche frasi di straordinaria banalità.

Il gioco comprende 7 diverse aree, che si sbloccano in successione. Sono solo parzialmente fisse, e ci sono diversi elementi che si presentano in maniera differente ad ogni partita, aumentando, in una certa misura la longevità. Il level design è piuttosto vario, con un alternarsi di corridoi e camere di dimensioni più ampie, e presenta alcuni spunti davvero interessanti. La progressione all’interno di ogni mappa è regolata da un sistema di cancelli che si chiudono e di ponti che crollano, per cui non è sempre possibile tornare indietro: questo incentiva notevolmente la fase esplorativa, e fa in modo che il gioco non si riduca ad una semplice corsa verso l’uscita. Se si intende trovare ogni tesoro ed ogni segreto di una mappa, occorre procedere con molta attenzione. I livelli presentano anche un notevole numero di trappole di diverso tipo: spunzoni che balzano fuori da terra e raggi che ci danneggiano, attraversando la stanza da parte a parte. Evitarle non è difficile, e diventa molto interessante usarle per far fuori i nemici, una strategia attivamente promossa dal gioco stesso, e decisamente originale. I mostri, di vario tipo, si affrontano in schiere successive, ed è quindi buona norma assicurarsi di averli annientati tutti prima di correre in avanti, per evitare il rischio di finire accerchiati.
I livelli sono davvero ben realizzati e presentano una serie notevole di tesori da raccogliere e di segreti da scoprire. I sette mondi sono divisi in numerosi schemi separati, alla fine dei quali si viene valutati in base agli obiettivi raggiunti. E si riceve un compenso in denaro e punti abilità da spendere.

Qui entra in gioco il sistema di avanzamento del personaggio, con il quale dopo qualche partita si finisce per sviluppare un rapporto di amore/odio. Alla fine di ogni mondo il giocatore può spendere i punti accumulati per sbloccare alcune abilità, e i soldi ottenuti per “allenarsi” con determinate armi ed equipaggiamenti. Le abilità resteranno attive, mentre le armi… bhe, quelle ve le dovrete conquistare. Ad ogni mondo infatti si ricomincia da zero: si parte con un equipaggiamento standard e ci si deve riconquistare tutto, attraverso esplorazione e raccolta. All’interno di ogni livello c’è un venditore, con cui è possibile fare un po’ di affari, ma non offre mai più di due o tre oggetti per tipo, tra quelli che abbiamo già sbloccati.
Il sistema è fatto su misura per premiare i giocatori occasionali, ma penalizza notevolmente quanti fossero alla ricerca di un’esperienza un po’ più hardcore: il che, per certi aspetti, sembra un po’ un’occasione mancata. Anche perchè limita fortemente ogni forma di customizzazione. Certo, possiamo scegliere quali abilità apprendere, ma la cosa finisce li, e il personaggio non può essere personalizzato in nessun altra maniera. L’equipaggiamento, le armi, le armature e gli accessori si scoprono in giro per i livelli, in maniera del tutto casuale.
Addirittura, non è possibile gestire liberamente nemmeno le pozioni che fanno recuperare energia o conferiscono bonus di esperienza o power ups: quando si trovano si consumano immediatamente, e non possono essere messe da parte per il “momento del bisogno”

Un altro grosso limite del gioco è costituito dalla gestione dei salvataggi: il gioco si salva in automatico, e il suo funzionamento, da questo punto di vista, è assolutamente immediato. Andando su Resume, nello schermo iniziale, la partita si riprende, in qualsiasi momento, all’inizio dell’ultima area di gioco. Se invece si sceglie l’opzione di iniziare una nuova avventura si riceve un warning che avvisa che verranno persi i progressi di gioco: il che non è vero, o comunque non del tutto. Se si vuole scegliere un altro personaggio, è possibile farlo e all’interno di un unico file vengono conservati gli avanzamenti di tutti e tre: il resume farà ricominciare dall’ultimo mondo concluso. Un sistema complicato e poco chiaro, che danneggia notevolmente uno dei punti chiave del gioco, vale a dire la possibilità di rigiocare con un personaggio differente.

Certo, presentazione la grafica di Pocket RPG è davvero una festa per gli occhi: luci, colori, animazioni sono davvero belle da vedere, i mostri sono decisamente vari e spaventosi quanto basta, i mondi abbastanza differenziati e altrettanto gradevoli da attraversare. Il valore della produzione di questo gioco è innegabilmente molto elevato, e bisogna riconoscere che, al di la del gusto personale, anche il gameplay è ben congeniato e originale. Personalmente avrei preferito un’esperienza di gioco un po’ meno superficiale, un barlume di storia con cui interagire, una gestione del personaggio più approfondita e customizzabile e una varietà un po’ maggiore nelle modalità di attacco, ma questi sono i commenti di un’amante dei giochi di ruolo, vecchia maniera. Pocket RPG è invece un esempio superlativo della “nuova scuola”: esperienze più immediate, più dirette, meno profonde ma con forti elementi di azione che avvincono il giocatore alla ricerca di qualceh partita veloce. Si tratta pur sempre di un dual-stick shooter, ed è innegabile che sia uno degli esempi migliori in circolazione, soprattutto sull’iPad.

Pocket RPG è disponibile su App Store a 2,39 € solo per iPad… per la versione iPdo dovremo aspettare ancora un po’.

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