Come sarà iTunes Store nei prossimi 10 anni?

Sono passati 10 anni dalla nascita di iTunes Store, ma il futuro dovrà per forza di cose essere diverso. Ecco perchè.

itunes store

Lo store ha avuto un ottimo successo, successo che per Apple sta assumendo meno importanza dal punto di vista strategico e per questo, non a caso, iTunes Store è ora più uno strumento per incrementare le vendite dei dispositivi iOS e degli iPod che non un centro di profitti. Ad esempio, proprio questa settimana Apple ha annunciato che il reddito totale dello store ha superato i 4 miliardi di dollari nel secondo trimestre fiscale, con 2,4 miliardi di dollari che provengono dalle vendite di contenuti multimediali.

Ma il modello iTunes Store che tanta fortuna sta portando ad Apple funzionerà anche per i prossimi 10 anni? Probabilmente no, perchè due fattori hanno modificato le carte in tavola: un nuovo atteggiamento dei consumatori di media e la concorrenza.

In passato, se si voleva l’ultimo CD di un cantante, bisognava uscire di casa, andare in un negozio di dischi e spendere 15€ per acquistare l’album. Nella mente del consumatore, la musica aveva quel valore: 14-20€ per un CD di ultima uscita.

L’avvento dei servizi di file-sharing come Napster ha praticamente spazzato via questo concetto di valore, e improvvisamente la musica era disponibile gratuitamente per tutti coloro che sapevano come scaricarla (illegalmente). Le case discografiche e la Recording Industry Association of America hanno aspramente combattuto Napster e hanno anche punito qualche utilizzatore di siti simili, non riuscendo però mai a far capire che “rubare” musica era sbagliato. Il messaggio che hanno fatto passare è stato solo che “rubare musica può essere rischioso“.

Ecco, allora, che Apple entra in campo dicendo “ragazzi, ho io la soluzione per tutti“: arriva iTunes Store, con la possibilità di acquistare singoli brani a 0,99$ e di acquistare interi album a prezzi inferiori rispetto ai CD. La scelta di Apple ha rivoluzionato il mondo della musica e del modo di offrirla agli utenti, anche per gli stessi artisti che avevano ora la possibilità di vendere  un solo brano a meno di un dollaro.

Ma il download illegale non è certo l’unico fattore che ha modificato l’atteggiamento degli utenti sul valore della musica e degli altri contenuti multimediali. Negli ultimi anni sono nati servizi di musica streaming, come Pandora e Slacker, che offrono la possibilità di ascoltare in qualsiasi momento un qualsiasi brano, semplicemente sfruttando la connessione internet. Questo sistema ha dimostrato che tantissime persone sono disposte a pagare qualche dollaro al mese pur di poter accedere a tutta la musica che desiderano. E Netflix ha fatto lo stesso per film e programmi TV. Ci sono poi anche servizi gratuiti, magari di qualità minore, ma che consentono comunque di accedere legalmente a milioni di brani.

Questa piccola rivoluzione ha modificato ancora di più il nostro atteggiamento sul valore della musica. Perchè spendere 15€ per l’ultimo CD di quell’artista, se allo stesso prezzo posso ascoltare 15 milioni di altri brani? Se possiamo accedere a tanti brani in modo gratuito o quasi, tutto il valore di una categoria di prodotto cambia. Perchè acquistare una serie TV in DVD se dopo poco uscirà a basso prezzo su Netflix?

Sono poi arrivati servizi streaming come Spotify, perfettamente integrati con iPhone e iPad. Si tratta di un vero e proprio concorrente dell’iTunes Store di Apple per cui, alla luce di tutto ciò, è chiaro che la stessa Apple deve trovare un nuovo modello di business per brani e film.

Come gli utenti hanno iniziato a non andare più nei negozi di dischi per acquistare i CD, presto non useranno più iTunes Store per acquistare i brani, in quanto già ora possibile accedere a milioni di canzoni a prezzi contenuti. Ci sono però ancora dei limiti, come la diffusione di internet in ogni posto in cui ci si trova e la difficoltà di iscriversi a servizi ancora non conosciutissimi, magari dovendo inserire il numero della carta di credito mese per mese.

Apple può affrontare questa sfida da una posizione di vantaggio: grazie ad iTunes Store ha già i dati di milioni di carte di credito degli utenti, per cui creare un servizio di musica streaming non avrà questo importante ostacolo. La società di Cupertino ci ha già provato con iTunes Match, ottenendo un discreto successo anche se si tratta di un servizio sui-generis, visto che consente di ascoltare – in streaming – solo i brani contenuti nella libreria di iTunes (a prescindere dalla loro origine, legale o illegale che sia).

Proprio perchè iTunes è già conosciuto da milioni di utenti e tutti hanno familiarità con lo store, presentare un nuovo servizio di musica streaming in stile Pandora non sarà difficile, magari proponendo un abbonamento mensile per poter accedere online a tutti i contenuti musicali di iTunes. E una volta avviato lo streaming, Apple potrebbe riproporre Ping, il fallimentare social network musicale che forse è stato lanciato con troppo anticipo, visto che ora servizi simili stanno nascendo di giorno in giorno. Ping non ha funzionato perchè si basava sul concetto di dover acquistare la musica, e non su quello di doverla condividere. Quando si condivideva un brano su Ping, al massimo l’altra parte poteva ascoltarne un’anteprima, mentre con un servizio streaming collegato, chi riceve la condivisione potrà ascoltare interamente il brano.  A costo zero, se ovviamente anche l’altro utente ha sottoscritto l’abbonamento al servizio di streaming Apple.

Pensate, ad esempio, alla possibilità di condividere intere playlist con Ping, dando la possibilità ad un amico di scaricarla e di ascoltarla in streaming quando esce di casa, per poi postare un commento sulle scelte musicali, il tutto integrato magari con Facebook e Twitter.

Lo stesso discorso potrebbe poi essere affrontato per i video, offrendo un servizio di visione su internet che consenta di accedere a tutti i film pagando sempre un unico canone mensile.

Il mondo sta cambiando, ed Apple lo sa. Per questo nel 2013 potrebbe davvero uscire già un servizio di questo tipo. Che durerà per altri 10 anni, forse.

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