Incoboto: poesia enigmatica per iPad – La recensione di iPadItalia

Incoboto parla della fine dell’universo. Un tema allegro e sempre di moda, nel 2012: per fortuna però lo fa con gran garbo, molta ironia e anche una notevole dose di tenerezza. E se un po’ fa pensare, il sorriso sulle labbra non manca (quasi) mai.

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Il protagonista di Incoboto si chiama Inco, ed è un bambino che vive su un pianeta deserto, perché i suoi genitori sono morti. Se l’inizio sembra quello del Piccolo Principe, non è un caso: Incoboto ha un po’ della stessa poesia, dello stesso straniante viaggio alla ricerca di un qualcosa che non si conosce. Inco fa amicizia con un sole e i due girano un universo annientato che si sta spegnendo, ascoltano i morti dire le loro ultime parole, leggono la storia del niente sui monitor delle TV che una misteriosa Corporazione ha disseminato in giro.
Incoboto è tutto questo, e se vi sembra un gioco triste… lo è: ma è la tristezza di una poesia per bambini, di una parabola che fa sorridere, piangere e pensare.

Inco si controlla con pochi tocchi sullo schermo: si sposta a sinistra e a destra lungo pianeti minuscoli e salta con un tap o uno slide del dito. I controlli sono semplici e quasi sempre molto funzionali. L’unica eccezione è il salto, che non sempre è veloce ed efficace quanto dovrebbe… ma gli elementi platform di Incoboto, per quanto presenti, non sono mai frustranti e i controlli assolvono egregiamente alla propria funzione.
La difficoltà del gioco è più che altro rappresentata dalla componente di puzzle: all’interno di ogni mondo da noi visitato dovremo localizzare dei frammenti di sole da dar da mangiare al nostro amico, e per raggiungerli la strada non sarà sempre semplice: ci sono bottoni da attivare, piattaforme da spostare, interruttori da azionare nella corretta sequenza per creare condizioni specifiche, campi gravitazionali, oggetti da spingere e da tirare per creare un percorso. Incoboto è essenzialmente un gioco di ragionamento, dove tuttavia la componente di azione è sufficientemente importante da tenere il giocatore all’erta: sapersi muovere è essenziale per risolvere gli enigmi, che sono sempre più difficili.
Il livello di difficoltà del gioco aumenta gradualmente, senza mai diventare eccessivo. Oltre alle schegge di sole da recuperare per proseguire con la propria avventura attraverso il successivo varco spaziale, ci sono degli obbiettivi ulteriori, costituiti da dalle carte galattiche disseminate in giro per i pianeti (e ovviamente in posizioni decisamente difficili da raggiungere). Il rischio di rimanere bloccati, ovviamente, è presente: per attraversare il cancello successivo il nostro compagno di viaggio solare deve avere ingerito un certo quantitativo di pappa, e potremmo trovarci bloccati: tornare indietro e cercare di recuperare altre mappe, esplorando meglio i pianeti già visitati e cercando soluzioni alternative è un ottimo modo per arginare la frustrazione e proseguire con il gioco.

Il level design di Incoboto è strutturato davvero bene: mai troppo lineare, non esagera nemmeno nella complicazione e struttura ogni pianeta in maniera diversa, con enigmi nuovi ad ogni “pezzo” che si raccoglie. Per alcuni dovremo saltare e l’abilità la farà da padrona, per altri dovremo azionare complesse sequenze di interruttori e di leve, per altri ancora invece dovremo cercare elementi nascosti, zoomando con un comando che ci consente di vedere cose segrete. La varietà in Incoboto non manca, la longevità neppure: i pianeti da attraversare sono parecchi, e nel frattempo ci sarà da cercare di capire cosa è successo a questo universo che si è ridotto in polvere.

Gli indizi ce li forniscono i morti, ma soprattutto gli schermi della Corporazione, disseminati ovunque: qui troviamo tracce di divieti e di regole di ogni tipo, dai quali emergono però tutta una serie di fatti. E molto di più: emerge un’intero sistema, una filosofia basata sulla banalizzazione, sul qualunquismo, sul conformismo più sfrenato. Il mondo morente di Incoboto è un po’ il nostro, un mondo fatto di imposizioni su cui nessuno si fa più domande, un mondo governato da leggi che nessuno mette più in discussione, stravolto da corporazioni che succhiano la vita e la luce. E se l’atmosfera del gioco ricorda un po’ quella rarefatta e dolente di Sword & Sorcery, la storia ha qualcosa di World of Goo e il susseguirsi di mondi sferici fa pensare a Super Mario Galaxy. La giocabilità che mischia abilità e puzzle è un esempio di grande originalità nel panorama iOs, e che merita senza dubbio attenzione.

Incoboto è un gioco unico: poetico, originale, divertente, fuori dagli schemi. Certo, è triste, lo dice anche lo sviluppatore, quando ringrazia i giocatori: “perché potevate cercarvi un titolo più allegro”. Vero: l’App Store è pieno di titoli più ridanciani, e le atmosfere tenere e malinconiche di Incoboto forse non vanno di moda. Ma questo è un gioco per pensare, e non solo nei senso più “puzzle” del termine: Incoboto fa spremere le meningi e le coscienze, e il suo protagonista incerto e impersonale, che parla con le tombe e porta a spasso l’ultima stella rimasta in vita, è un profeta senza voce, che rimane sotto la pelle del giocatore.
Ci sono mille modi per apprezzare questo titolo: potete giocarci senza leggere nulla della storia raccontata, potete sforzarvi di non capire quello che vi sta dicendo (rigorosamente in lingua inglese, purtroppo) e cercare di arrivare in fondo il più in fretta possibile. Avrete tra le mani un ottimo puzzle game, con interessanti elementi di azione. Ma se ci giocherete in questo modo farete vincere la Corporazione, e vi rifiuterete di pensare.

Incoboto va vissuto. Per arrivare alla sua fine, e piangere.

Incoboto è un’applicazione disponibile solo per iPad a 2,99 €

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